Questa è una lettura che fa sognare.
Meglio dirlo fin da subito, per scoraggiare chi vuol restare con
i piedi per terra.
Iperborea porta in Italia questo romanzo di Lars Gustafsson che piacerà di certo a tutti coloro che hanno apprezzato le atmosfere surreali di “Alice nel Paese delle Meraviglie” , e non mancherà tuttavia di stupire anche chi di solito non familiarizza molto con il genere fantastico.
L’autore intreccia sapientemente due storie.
La prima, inventa e ricama intorno ad una serie di fotografie in seppia, scattate nel 1923 da suo padre, Einar H. Gustafsson, allora sedicenne, con un’antiquata macchina Kodak.
La seconda racconta di Janne V. Friberg, commesso viaggiatore in crisi con sé stesso, non proprio un fallito, ma quasi… che pedalando su una bicicletta blu va cerca l’acquirente perfetto per la sua macchina da cucina, attraverso il Västmanland, «dove la terra è piatta e le querce sono tante».
Un evento casuale (ma forse neanche troppo) come una caduta dalla bicicletta lo spinge a bussare alla porta di una vecchia casa affascinante quanto misteriosa.
E ad incontrare i strani personaggi che la abitano.
Quello che sembra un elemento scontato diventa, fra le mani di Gustafsson (filosofo e scrittore, laureato a Oxford), un’occasione per raccontare, attraverso una scrittura estremamente pulita, intima e suggestiva, il percorso surreale di un uomo, sballottato fra cucine odorose in cui domestiche sbucciano frutta, salotti tintinnanti di cristalli, baronesse dagli occhi di ghiaccio e orologi mitici. Un percorso curioso ma non tortuoso, attraverso il quale il Janne – un personaggio che ispira davvero una grande tenerezza, con le sue umane debolezze e la sua ricerca di serenità- troverà l’equilibrio tanto agognato, la forza per tirare su la testa.
Le strizzatine d’occhio al capolavoro di Lewis Carrol sono evidenti e piacevolissime; io ci ho visto qualcosa delle atmosfere rarefatte e bizzarre di Shirley Jackson (penso in modo particolare “Abbiamo sempre vissuto nel castello”).
Si tratta di un libro particolare. E’ interessante come l’autore abbia lavorato intorno alle fotografie scattate dal padre dandogli vita, dipanando la storia della giovane Irene e del suo cane trovato per caso. Le stesse fotografie sono belle, parlano di signorine in posa davanti a cespugli fioriti, di barche, di giovani uomini in bretelle. Tutto si incastra con cura… no, non si “incastra”, che suona meccanico e non rende giustizia: si sfuma.
(L’unico difetto, a mio umile parere, è che ingrana relativamente tardi)
Little Miss Book
ottobre 13, 2015
Me lo segno. Non sono un’amante di Alice, ma mi interessa molto quello che pubblica Iperborea.
Elisa
ottobre 16, 2015
Io invece sono un’amante di Alice, ma non ho tanta confidenza con Iperborea.