Il titolo di questo blog copia un hashtag che ho lanciato qualche anno fa su Instagram con l’intento di riunire i commenti relativi ai libri letti e creare piccole discussioni appassionanti e stimolanti, così da invogliare o dissuadere gli altri lettori.
Era da poco che questo spazio era nato, quando mi arriva la proposta di rendere reale questo spazio virtuale. La gioia ha generato entusiasmo, l’entusiasmo ha generato l’azione e l’azione ha portato alla nascita e alla riuscita del progetto.
Il primo incontro del Club si è svolto venerdì 30 ottobre e il libro che abbiamo deciso di leggere è stato L’imprevedibile viaggio di Harold Fry di Rachel Joyce.
Per me è stata una rilettura e, contro ogni mia previsione, non è stato assolutamente come ritrovarmi tra le pagine di un libro amato (e lo avevi amato tanto, la prima volta che lo lessi), anzi, questa seconda lettura è stata totalmente antitetica alla prima.
Infatti, se la prima volta ho trovato assolutamente plausibile, anche se un po’ folle, e geniale il viaggio di questo vecchietto che parte senza nessuna esperienza di camminate e con un paio di scarpe di tela ai piedi, questa seconda volta, durante tutta la lettura, è stata la totale stravaganza e il lato assolutamente inverosimile di alcune situazioni e scelte ad essere ben presente nella mia mente. E ho notato che è stato così per molti dei miei compagni di viaggio: quello che più ha colpito e, in qualche modo, infastidito, è stato il fatto che Harold Fry, uomo già di una certa età, abbia deciso di punto in bianco (quasi come un bambino guidato esclusivamente dall’impulso) di partire per questo viaggio attraverso tutta l’Inghilterra.
C’è da dire che, però, vuoi per l’affetto che ho provato la prima volta per questo strambo vecchino, vuoi perché non è che si può proprio tradire così un libro che si è amato tanto, mi sono calata nelle vesti di moderatore e ho provato a capire Harold Fry.
Quest’uomo agisce come un bambino perché, in realtà, è rimasto un bambino: è cresciuto con una mamma che l’ha sempre ritenuto uno sbaglio ed un papà che lo ha sempre guardato con sdegno, con schifo. Tutta questa mancanza di affetto ha generato un uomo che vive ai margini della vita, che con essa non interagisce, che la vive ma che si lascia vivere da essa. E, personalmente, penso che gli sia andata fin troppo bene perché, con queste basi, si finisce decisamente peggio.
Il pellegrinaggio di Harold Fry è una sfida ad ogni logica del buon senso, ma il lettore viene gradualmente catturato forse proprio dall’irrazionalità delle sue azioni, dallo sforzo personale con il quale spera di salvare, o almeno di tenere in vita, la vecchia amica e collega Queenie Hennessy.
La decisione improvvisata di Harold non si fonda su ragioni religiose, ma contiene il desiderio di ringraziarla per un suo gesto di amicizia del passato e anche il senso di essere protagonista di qualcosa di importante, per la prima volta nella sua vita.
Harold Fry, l’uomo qualunque dai nomi impegnativi, provenienti dall’inglese antico (Hereweald, condottiero e Frye, Frei , uomo libero), inconsapevolmente vive da autentico pellegrino moderno il suo inconsueto cammino di 87 giorni da Kingsbridge, nel sud dell’Inghilterra sino a Berwick-upon-Tweed, nel nord, quasi ai confini con la Scozia, per 627 miglia. Tutte le sue forze fisiche e mentali sono ostinatamente impegnate in uno sforzo che parrebbe impossibile per l’uomo sedentario e inesperto che si rivela inizialmente.
Ogni capitolo rappresenta simbolicamente l’incontro con qualcosa (Harold e la lettera; Maureen e la telefonata; Harold e la decisione; Queenie e il regalo, ecc.) o un luogo (Maureen e il giardino, Harold e il Bar, ecc.) o qualcuno (Harold e la ragazza della stazione di servizio; Harold e l’uomo dai capelli d’argento; Harold e l’inseguitore; Maureen e la visitatrice ecc.) sperimentato nel corso del viaggio intrapreso da Harold. Ogni momento diventa occasione di apprendimento su se stessi o sugli altri.
Attraverso il cammino Harold conoscerà la malinconia dei pensieri, solitudine, dubbi, ma anche, talvolta, soddisfazione:
Cominciò ad accettare la sua stessa lentezza e a provare piacere per la distanza che aveva percorso.
Come ogni pellegrino, anche Harold apprenderà pazienza e sopportazione:
Non si sarebbe fermato, anche se il suo corpo implorava riposo.
E, come dice John Bunyan nella citazione iniziale da Il Viaggio del Pellegrino:
Non c’è scoramento
che lo farà mai pentire
del suo primo, dichiarato intento
d’esser pellegrino.
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