Ho sentito parlare per la prima volta di Città in fiamme, un anno fa, su un numero del New Yorker. Non gli veniva dedicato un articolo, era una semplice pubblicità a margine della pagina, ma tanto è bastato per incuriosirmi e spingermi a cercare notizie in rete.
Tra i primi risultati che sono saltati fuori, c’è stata la recensione che ne ha fatto Michiko Kakutani tra le pagine New York Times. Due parole su di lei: è il critico letterario più temuto e, al tempo stesso, più osannato degli Stati Uniti. Essere recensiti da lei, in maniera positiva o negativa, assicura visibilità e garantisce curiosità; se siete esordienti e lei scrive su di voi un pezzo dai toni entusiastici, allora siete a cavallo (vedi il nostro Hallberg). Se siete scrittori già affermati e avete appena pubblicato un’opera colossale e lei scrive su di voi un pezzo dai toni decisamente dissacranti, allora passerete il resto della vostra esistenza a chiedervi dove avete sbagliato e a grattare in continuazione quella cicatrice ormai sbiadita (vedi i nostri DFW, Philip Roth, Jonathan Franzen solo per citarne alcuni).
Esordire non è mai facile, in nessun campo e in nessun tempo, ma sicuramente avere una spinta dalla Kakutani facilita molto le cose. C’è anche da dire che il buon Garth, indipendentemente dal dopo, non aveva poi tutta quest’ansia da prima prestazione, visto che ha deciso di lanciarsi nello zeppo panorama editoriale della nostra epoca con un romanzone di oltre 1000 pagine. Presuntuoso? Un pochetto.
E’ riuscito nel suo intento? In parte.
Città in fiamme comincia a capodanno del 1976 e si conclude nell’estate del 1977 e, in mezzo, è pieno di flashback indirizzati a raccontarci qualcosa di più sulla vita dei protagonisti che, se all’inizio pensiamo siano sostanzialmente quattro, andando avanti nelle pagine ci rendiamo conto di come questo numero sia destinato ad aumentare. E non di poco.
Perché questo romanzo è zeppo di cose: di fatti, di parole, di persone, di protagonisti, di intrecci, di storie.
Non lo faccio mai, ma anche volessi sarebbe quasi impossibile riassumere la trama perché è talmente complessa che ci si perde tra le cose; talmente complicata che, purtroppo, spesso si fa fatica a proseguire agevolmente nella lettura. Oltre alla complicatezza della vicenda, all’intreccio difficile, alla moltitudine di informazioni e vicende che l’autore mette sulla pagina, c’è anche il problema del linguaggio: quello che Hallberg decide di adottare è impegnativo, ampolloso, arzigogolato adatto, se vogliamo, al complesso dell’opera che, lo si capisce subito, non vuole essere semplice.
C’è però da dire che, se certe espressioni, certi termini, certi ragionamenti stanno bene in bocca al professore del liceo o a chi fa parte dell’alta società newyorkese e lavora nell’alta finanza, non si può dire lo stesso del ragazzo che studia o della band composta da tutta una compagine di personaggi che, nella realtà, non capirebbero la metà di quello che l’autore gli fa dire e pensare.
Infine, sarà che, nonostante la mia passione smisurata per l’America mi porti a leggere, studiare e informarmi, sulla crisi della fine degli anni ’70 ne so poco e poco di approfondito ho trovato in giro, mi è parso che tutta la vicenda storica fosse solo un contorno, un corollario all’interno del mondo che vive in Città in fiamme e, visto quello che stava scritto in giro, mi aspettavo qualcosa di più.
Ma, c’è sempre un ma in ogni dove, nonostante tutto questo, questo romanzone mi ha affascinata e mi affascina ancora: è vero, ci sono stati momenti in cui ho faticato a leggerlo e ne ho riscontrato i limiti, ma in qualche modo alla fine tutto questo viene in parte ripagato perché tra le mani si ha qualcosa di creato per intrigare, piacere, soddisfare: il titolo evocativo, la copertina che attrae lo sguardo ogni volta che il libro è chiuso, gli inserti creati ad hoc che intervallano la vicenda e riposano la mente del lettore; tutto questo, tutto l’insieme ti spinge a leggere, a proseguire, a voler capire fino a che punto Garth Risk Hallberg è stato disposto a spingersi e fino a che punto tu sei disposto a seguirlo in questa sua impresa titanica.
E’ il grande romanzo americano? Non penso, ma sicuramente è un gran romanzo.
E’ adatto a tutti? No, c’è poco da dire. Se siete lettori pigri che leggono con calma, vi perderete; se siete lettori impazienti che hanno bisogno di stimoli continui, dopo un po’ vi innervosirete; se siete lettori egocentrici che hanno bisogno di essere corteggiati, lasciate perdere perché qui è Garth Risk Hallberg che pretende da voi il corteggiamento.
Se però siete disposti a stare al gioco, a capire quello che vuole da voi l’autore, a capire dove vi vuole portare, allora, nonostante tutto, vivrete una bella esperienza. Faticosa, difficile, complicata ma bella.
interno storie
aprile 06, 2016
Mi piace il finale… 🙂
Non lo leggerò proprio perché ne ho sentito parlare molto. E se tu mostri qualche perplessità, passo ad altro.
Francesca
aprile 07, 2016
Mi sembrava un buon modo per spiegare le cose, quello che ho scritto nel finale 🙂
Se penso a te, effettivamente, non ti vedo tra queste pagine, fai bene a passare ad altro.
Rossella
aprile 09, 2016
Esattamente come te, Marina, credo che non mi avventurerò nei meandri di ‘Città in fiamme’, visto che le conclusioni di Francesca lasciano aperta la prospettiva dell’amarezza: dopo un investimento di lettura di 1000 pagine, mi piacerebbe essere ricompensata, e qui pare che il rischio sia alto. Ottime considerazioni, comunque 🙂
Francesca
aprile 12, 2016
Io penso sia uno di quei libri che o ti attirano tantissimo, oppure conviene aspettare offerte , edizioni economiche o lasciare direttamente perdere perché se non ci si va d’accordo si rischia di volerlo defenestrare presto.
Indubbiamente è un’esperienza di lettura, però bisogna essere disposti a voler stare al gioco e non è sempre scontato e facile farlo.
Grazie 🙂
Stefania
aprile 09, 2016
Ma lo sai che sarà la mia prossima lettura! 🙂 Spero tu venga a trovarmi. Abbiamo la stessa passione! Intanto ti seguo e continuo a sbirciare un po’!
Francesca
aprile 12, 2016
Passerò sicuramente a leggere le tue considerazioni a lettura finita e ora vado a sbirciare il tuo blog 🙂
A presto!